UN PARERE FUORI DAL CORO.
Sappiamo ormai da tempo che – in base al disposto dall’art. 121 del DL 34/2020 – i soggetti che sostengono spese per gli interventi che fruiscono dei i bonus fiscali edilizi possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente, per lo “sconto sul corrispettivo” o la cessione del credito.
L’opzione per lo sconto sul corrispettivo, ai sensi della lett. a) dell’art. 121, implica che il fornitore, che ha effettuato gli interventi agevolati, applica, nella fattura , uno sconto “fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso”.
Ciò comporta che:
– con riguardo a tutte le agevolazioni la cui percentuale di detrazione non supera il 100%, l’ammontare dello sconto sul corrispettivo applicato in fattura corrisponde all’ammontare del credito di imposta che matura in capo al fornitore, a fronte dell’applicazione di quello sconto;
– con riguardo all’agevolazione del superbonus che è contraddistinta da una percentuale di detrazione pari al 110%, fatto 100 di sconto sul corrispettivo applicato in fattura, l’ammontare di credito di imposta che matura in capo al fornitore, a fronte dell’applicazione di quello sconto, è 110.
La circostanza che la norma ponga un tetto massimo di sconto applicabile implica la possibilità che il fornitore applichi uno sconto soltanto parziale, rispetto all’entità massima cui può arrivare (risposta a interpello Agenzia delle Entrate 9 settembre 2020 n. 325).
In questo caso, il beneficiario che sostiene la parte di spese non coperte dallo sconto sul corrispettivo, rimane titolare della detrazione “edilizia” corrispondente ad esse e può fruirne in dichiarazione a scomputo dell’imposta lorda sul reddito, oppure può esercitare relativamente ad essa l’altra opzione consentita dall’art. 121 del DL 34/2020, ossia quella della cessione a terzi
Nell’ipotesi in cui la fattura venga emessa da un professionista (al di fuori del regime forfetario/minimi) ad un cliente che possa operare quale sostituto d’imposta (es. condominio o impresa) che intende optare per lo “sconto sul corrispettivo”, nell’ipotesi in cui spetti la detrazione del 50%, il documento dovrà indicare:
– il compenso lordo di 10.000 euro;
– il contributo integrativo del 4% alla cassa di previdenza di 400 euro;
– il totale imponibile di 10.400 euro;
– l’IVA del 22% pari a 2.288 euro;
– il totale fattura lordo di 12.688 euro;
– la ritenuta d’acconto 20% su compenso lordo (pari a 10.000 euro) di 2.000 euro;
– lo sconto praticato ai sensi dell’art. 121 del DL 34/2020, pari a 6.344 euro (determinato calcolando la detrazione del 50% su 12.688 euro);
– l’importo netto da pagare di 4.344 euro.
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LE DOMANDE GIUSTE
Ricordato sin qui il funzionamento del meccanismo, negli ultimi tempi si è concentrata l’attenzione sull’argomento : oneri finanziari .
GLI ONERI FINANZIARI GRAVANTI SULL’ESECUTORE DELLA PRESTAZIONE CHE EFFETTUA SCONTO IN FATTURA SONO UN COSTO AMMESSO IN DETRAZIONE AL COMMITTENTE O NO?
Per rispondere a questa domanda in primis ricordiamo che quando il fornitore applica in fattura lo sconto sul corrispettivo, matura, in tutti i casi, AD ECCEZIONE DEL SUPERBONUS 110% , un credito di imposta di valore nominale pari all’ammontare dello sconto applicato in fattura.
Solo in caso di superbonus 110% di cui all’art 119 del DL 34/2020, il fornitore matura un credito di imposta di valore nominale superiore all’ammontare dello sconto applicato in fattura.
Tenuto conto di ciò, il credito di imposta, che il fornitore matura a fronte dello sconto applicato in fattura, è utilizzabile in compensazione per quote costanti in 5 o 10 anni, a seconda della tipologia di spese agevolate su cui lo sconto è stato applicato, oppure cedibile a terzi.
In entrambi i casi il suo valore effettivo “immediato” risulta essere inferiore al suo valore nominale e conseguentemente, salvo il caso del superbonus 110%, al valore dello sconto applicato in fattura.
A fronte di questa evidenza il fornitore può decidere SE rimanere inciso di questi oneri impliciti in tutto o in parte o se riaddebitarli al committente.
SUL FATTO CHE l’importo riaddebitato a tale titolo non costituisce e non può costituire spesa detraibile ai fini dei bonus edilizi NON VI SONO DUBBI.
La questione casomai è se sia legittimo presupporre che il fornitore che NON esponga nel documento con cui addebita al committente i propri servizi o opere DETRAIBILI, in realtà stia impropriamente facendo confluire, accrescendolo, nell’importo addebitato a titolo di corrispettivo per i lavori agevolati.
Sull’argomento si sono espressi in molti e un’orientamento maggioritario sembra optare per la ipotesi più prudenziale.
Gli oneri impliciti, secondo questa visione, dovrebbero essere sempre esposti e riaddebitati al committente poiché solo in questo modo , in caso di verifica da parte del fisco, si potrà agevolmente dimostrare che la cifra che è stata scontata è solo quella realmente afferente all’opera eseguita.
Tale argomentazione, che certamente agevola la soluzione di un futuro contraddittorio, tuttavia dimentica in toto la realtà della libertà e della concorrenza di mercato.
E’ bene ricordare e fissare bene in mente che tutta la normativa relativa ai Bonus Edilizi è ormai sotto la lente di ingrandimento a causa delle necessarie asseverazioni delle Congruità dei prezzi, delle potenziali differenze tra l’applicazione di un prezziario rispetto a un altro ma :
TALI CONTROLLI RIGUARDANO I LIMITI MASSIMI DEI PREZZI E MAI I MINIMI.
Ciò implica che per motivi di aggiudicazione di appalti o opere ogni Impresa e Professionista può sempre agire facendo leva su eventuali strategie di concorrenza ivi inclusa l’esclusione del riaddebito degli oneri finanziari.
Presupporre a priori l’esclusione di questa facoltà , a parere di chi scrive, equivale a imporre una clausola dove nessuna norma ne ha posta una.
Quello che invece è senz’altro condivisibile è invece il fatto che , qualora il riaddebito degli oneri avvenga, questo deve essere evidenziato con specifica voce in fattura.
Sul piano pratico, alcuni fornitori riaddebitano al committente questo “minor valore attuale” ( che tendenzialmente oscilla tra il 10 e il 20%) del credito di imposta, senza evidenziarlo come tale ed agendo direttamente con un innalzamento del corrispettivo praticato.
Tale comportamento tuttavia in questa maniera incrementa impropriamente la spesa e divenendo essa stessa base per il calcolo della detrazione spettante, falsa il valore dello sconto massimo applicabile.
Si ricorda, infatti, che tra le spese detraibili, ai sensi dell’art. 16-bis comma 2 del TUIR
“sono comprese quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all’esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia”
(la disposizione, seppur riguardi la detrazione IRPEF per interventi di recupero edilizio, è applicabile anche al sismabonus e all’ecobonus ai sensi della lett. f) dell’art. 5 comma 1 del DM 6 agosto 2020 “Requisiti”, ai sensi della quale rientrano tra le spese detraibili quelle per “prestazioni professionali necessarie alla realizzazione degli interventi” di efficienza energetica).
Chiarito il punto sulla NON OBBLIGATORIA PRESENZA DI UN REALE RIADDEBITO, rimane da vedere come debba essere calcolata l’IVA su questa voce “eventuale”
Per poter rispondere nel merito in questo caso occorrerà verificare di volta in volta quali siano gli accordi tra le parti.
Se il contratto di appalto prevede espressamente che, ai fini del pagamento del corrispettivo, il committente dovrà pagare soltanto ciò che residuerà dopo lo sconto in fattura, è evidente la natura accessoria dello sconto in fattura, rispetto alla prestazione principale dei servizi “edilizi”.
Qualora però il contratto di appalto preveda che lo sconto in fattura sia solo una facoltà eventuale, che il committente potrà richiedere al fornitore mediante apposita comunicazione prima dell’emissione della fattura medesima, ecco allora che lo sconto in fattura potrebbe assumere carattere di prestazione autonoma.
Là dove l’operazione di sconto sia riconducibile a una natura meramente accessoria delle prestazioni di servizi rese dal fornitore medesimo, il trattamento IVA sarà il medesimo delle operazioni principali .
Dove si riscontrasse una prestazione autonoma invece il trattamento IVA del riaddebito degli oneri finanziari dovrà essere quello dell’esenzione art. 10 comma 1 n. 1) del DPR 633/72.
CONCLUDENDO:
Tenuto conto di tutto quanto sin qui espresso, più di una domanda resta in sospeso: tra i documenti di qualsiasi check list ai fini del visto di conformità che è circolata negli ultimi due anni, non è mai apparso l’obbligo di verificare i contratti di appalto. Come si potrà quindi mai capire se queste fatture sono compilate correttamente o no?
Quanti sono i documenti che ogni contribuente dovrà conservare per una prossima futura EVENTUALE verifica da parte del fisco? Fin dove potrà arrivare il disconoscimento delle cifre detratte o recuperate dal contribuente?
Riuscirà lo Statuto del Contribuente a coprire le così tante eccezioni di questa sconfinata normativa?
Articolo di Fabiana Nesi
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Una opinione su "SCONTO IN FATTURA: E’ OBBLIGATORIO ESPORRE GLI ONERI FINANZIARI?"
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