Il cambio d’uso successivo all’intervento di ristrutturazione edilizia fa saltare il bonus

cambio destinazione d'uso dell'abitazione

L’INTERPELLO CHE NON AVREMMO VOLUTO LEGGERE

E’ stato pubblicato a fine settembre 2021 sul sito dell’Agenzia delle Entrate ma non è stato rubricato tra quelli che riguardano il Superbonus perché in effetti non di quello si tratta, eppure la lettura delle conclusioni a cui è giunta l’Agenzia delle Entrate può fare decisamente danni a livello esponenziale qualora fosse applicata in senso estensivo.

Prima di addentrarci sul commento tuttavia è impossibile non fare un richiamo all’importanza fondamentale di saper fare domande in maniera precisa ed esaustiva quando si compilano le Istanze di Interpello.

Su questo argomento avevo ampiamente dibattuto nel mio articolo : interpelli superbonus il fisco dice basta.

Lì si parlava degli interpelli per il Superbonus 110%, ma il nodo sostanziale non cambia :

DOMANDE CHIARE, PRECISE e CIRCOSTANZIATE generano risposte sartoriali, quesiti ampi o generalisti, oltre a poter non essere calzanti al caso specifico, possono generare prassi penalizzante e diffusa.

IL CASO:

L’Istante, proprietario di un appartamento (categoria catastale A/3), intende eseguire interventi di recupero del patrimonio edilizio riconducibili all’articolo 16-bis, comma 1, lett. a) e seguenti, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) nonché interventi di efficientamento energetico di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63.
L’Istante inoltre afferma che al termine dei lavori l’appartamento verrebbe concesso in comodato, al coniuge, ai fini di utilizzarlo come studio professionale.


Ciò premesso, chiede se il cambio di destinazione d’uso possa comportare la
perdita delle detrazioni relative agli interventi sopra prospettati.

Il contribuente, SI OSSERVI BENE, nella stesura del suo interpello

non prospetta alcuna soluzione interpretativa.

LA RISPOSTA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE:

Nella risposta 611/2021 per prima cosa l’Agenzia fa un distinguo tra interventi relativi ad ecobonus rispetto a quelli rientranti nella ristrutturazione ex art. 16-bis DPR 917/86 ricordando che:

ECOBONUS:

  • In riferimento agli interventi di riqualificazione energetica l’articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha introdotto delle specifiche agevolazioni fiscali per la realizzazione, su edifici esistenti, di determinati interventi volti al contenimento dei “consumi energetici” (c.d. ecobonus).
  • Il beneficio consiste nel riconoscimento di una detrazione d’imposta delle spese sostenute – ed effettivamente rimaste a carico del contribuente – fruibile entro un certo limite massimo stabilito in relazione a ciascuno degli interventi previsti.
  • La detrazione, ripartita in 10 rate annuali di pari importo, è attualmente disciplinata dall’articolo 14, comma 1, del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90.
    • L’ecobonus si applica a tutti gli edifici esistenti, anche non “residenziali”.

RISTRUTTURAZIONE

  • L’articolo 16-bis del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 disciplina una detrazione, ai fini dell’IRPEF, pari al 36 per cento delle spese sostenute, fino ad un ammontare massimo complessivo delle stesse pari a 48.000 euro per unità immobiliare effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi ivi indicati.
  • Per effetto delle modifiche apportate, dall’articolo 1, comma 58, lettera b), n.1), della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), all’articolo 16, comma 1, del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, la detrazione spetta nella maggiore misura del 50 per cento e con il limite di spesa di 96.000,00 euro per unità immobiliare tuttavia in questo caso :
    Ai fini della detrazione, gli interventi devono essere eseguiti su edifici residenziali o su parti di edifici residenziali di qualunque categoria catastale, anche rurale, esistenti.

Sono pertanto esclusi gli interventi realizzati su edifici o su parti di edifici non residenziali.

IL RICHIAMO ALLA CIRCOLARE 7/E:


L’AdE riporta poi quanto già espresso nella circolare n. 7/E del 25 giugno 2021, dove si chiariva che è possibile, per esempio, fruire della detrazione d’imposta anche in caso in cui gli interventi riguardino un immobile non residenziale che risulterà con destinazione d’uso abitativo solo a seguito dei lavori edilizi, purché nel provvedimento amministrativo che autorizza i lavori risulti chiaramente che gli stessi comportano il cambio di destinazione d’uso del fabbricato in abitativo.

Per questo motivo, senza necessità di ulteriori spiegazioni, la Direttrice Centrale dell’Agenzia delle Entrate, conclude che nel caso di specie, visto che l’Istante intende effettuare interventi riconducibili ai citati articoli 16-bis del TUIR e 14 del decreto legge n. 63 del 2013 su un’unità immobiliare residenziale (categoria catastale A/3) che al termine degli interventi verrà adibita a studio professionale con contestuale variazione di destinazione d’uso, questi


non potrà fruire della detrazione di cui al citato articolo 16-bis del TUIR

atteso che l’immobile a seguito degli interventi non
avrà, così come rappresentato, una destinazione d’uso abitativa in quanto sarà adibito a studio professionale della moglie.


Invece, POTRA’ fruire dell’ecobonus posto che tale detrazione spetta anche per interventi realizzati su immobili non abitativi, nel rispetto di tutti i requisiti e adempimenti richiesti dalla normativa.

CONSIDERAZIONI:

Sebbene la risposta fornita possa apparire in prima lettura quasi ovvia seguendo il ragionamento fatto dall’Agenzia per giungere alla sua conclusione, nella sostanza genera una restrizione dell’applicazione della normativa che la legge stessa non prevede.

CAMBIO D’USO:

In primis occorre ricordare che riguardo alle attività di tipo professionale è frequente che le stesse siano esercitate in contesti abitativi ad uso promiscuo.

In tal caso NON esiste alcun obbligo di fare modifiche nell’accatastamento dell’immobile, posto che è ritenuto da prassi consolidata che l’attività professionale possa essere esercitata in ambienti con accatastamento di tipo abitativo, motivo per cui, al termine dei lavori, l’immobile potrebbe restare esattamente un appartamento classificato come A3 e NON essere trasformato in un A10 (cosa che l’istante NON ha chiarito o specificato).

La domanda è: la detrazione NON spetta a causa dell’EFFETTIVO cambio d’uso, O SOLO SE ci sarà una trasformazione in A10?

per come è stata impostata la risposta al quesito PARE di intendere che sia SUFFICIENTE il cambio di utilizzo DI FATTO.

Se l’uso fosse promiscuo, spetterebbe l’agevolazione?

A parere della scrivente SI perché l’immobile su cui è stato eseguita l’opera era e resta di fatto abitativo.

Cosa differente si avrebbe se l’utilizzo promiscuo fosse già stato presente PRIMA dell’inizio della ristrutturazione. In tal senso si veda l’articolo L’USO PROMISCUO DELL’BITAZIONE DETENUTA IN MODO NON ESCLUSIVO NEL SUPERBONUS 110%, in esso si richiamava la circolare 19/E del 2020.

In essa, con riferimento alle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia, che danno diritto alla detrazione di cui all’art. 16-bis del TUIR, è stato precisato che, in base a quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo, se gli interventi sono realizzati su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all’esercizio dell’arte o della professione, ovvero all’esercizio dell’attività commerciale, la detrazione spettante è ridotta al 50 per cento, quindi la detrazione è calcolata sul 50 per cento delle spese sostenute.

Nonostante la risposta dell’interpello 611/2021 non si ritiene che le due circostanze possano ritenersi identiche motivo per cui, seppur con estrema cautela, si potrebbe essere orientati verso una detrazione piena nel caso che l’uso promiscuo avvenga SOLO successivamente.

TEMPISTICA:

Seconda considerazione riguarda le tempistiche: cosa significa “al termine dei lavori verrà concesso in comodato (…) “ ? L’istante non chiarisce esattamente quando procederà col comodato d’uso .

Il giorno dopo la comunicazione di fine lavori ? dopo una settimana? dopo tre mesi?

Sarebbe stato diversa la riflessione dell’Agenzia delle Entrate se il contratto di comodato in favore di un “uso ufficio” fosse avvenuto dopo un anno ?

o dopo, per esempio, tre anni?

Si deve ritenere che nel caso si siano fatte delle opere di ristrutturazione e magari nel frattempo si sia anche ceduto il credito d’imposta corrispondente, SE si utilizza NON in modo abitativo un immobile, si debba restituire quanto percepito anche qualora il mutamento dell’utilizzo effettivo avvenga in extremis al decimo anno?

E

se lo si dovesse restituire ( il credito d’imposta) in che modo? in toto o riproporzionato in ragione di anni?

Non v’è dubbio che se la Domanda posta ad AdE FOSSE STATA FORMULATA IN MANIERA PIù PUNTUALE E CIRCOSTANZIATA avremmo avuto una risposta più precisa e quindi, probabilmente meno impattante.

Secondo il principio di prassi che scaturisce dalla citata risposta 611/2021 NON pare che vi sia un limite temporale oltre il quale la fruizione della detrazione è “fatta salva”.

IL CONFRONTO COL CASO DELLA VENDITA

Una siffatta interpretazione pare non esattamente coerente col principio in base al quale la detrazione possa permanere nella disponibilità del venditore nel caso in cui l’immobile oggetto di intervento venga ceduto.

Ricordiamo infatti che come riporta la circolare n. 7/2021, pagina 301, il venditore può conservare il diritto a usufruire delle detrazioni non utilizzate “se le parti contraenti formalizzano e sottoscrivono questa volontà in una scrittura privata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato.

In essa, si deve dare atto che l’accordo di lasciare al venditore il diritto a continuare a usufruire delle agevolazioni fiscali esisteva sin dalla data del rogito. In sede di dichiarazione dei redditi, il comportamento dei contribuenti dovrà poi essere coerente con quanto indicato nell’accordo successivamente formalizzato.

E’ evidente in tal caso che quel che ne sarà dell’uso dell’immobile dopo il trasferimento NON è nelle facoltà del venditore eppure la detrazione resta salva.

Per ipotesi, la detrazione potrebbe restare lecitamente a favore del contribuente che ha fatto l’intervento e che, quando terminata la ristrutturazione, lo ceda (con atto di compravendita ) a terzi che lo utilizzeranno come studio professionale.

Visto ciò, ci pare ancora più palese la diversità di trattamento tra le due circostanze.

Come deve intendersi la risposta dell’Agenzia delle Entrate?

In senso circostanziato: ovvero che la detrazione non spetta solo nel caso in cui al termine delle opere l’immobile risultante NON RIENTRI CATASTALMENTE tra quelli abitativi e perciò con la chiusura del cantiere si ha anche una variazione della categoria catastale.

Oppure

in senso ampio e largamente penalizzante: la detrazione NON spetta poiché è sufficiente l’uso effettivo dell’appartamento diverso da quello abitativo a far decadere dal diritto alla detrazione e ciò anche a prescindere dal momento in cui esso avviene posteriormente all’intervento di ristrutturazione.

Esiste forse una “via mediana” che purtroppo dalla risposta non appare.

Giuridicamente ed anche fiscalmente esiste un momento “esatto” alla chiusura del cantiere in cui l’abitazione è un immobile di categoria A3 sfitto, una abitazione nella disponibilità del proprietario.

Da quel “momento esatto” su quell’appartamento si applicano le imposte come immobile a disposizione del contribuente, IMU inclusa.

il comodato, per quanto possa essere stato fatto immediatamente NON può che essere un atto giuridico SUCCESSIVO, espressione di volontà che SEGUONO uno stato di FATTO CERTO E CONFUTABILE.

Motivo per cui secondo una visione più analitica si dovrebbe verificare SE esiste per il fisco una differenza tra:

  • il caso in cui ci sia un cambio d’uso con modifica di accatastamento al termine dei lavori causato e voluto dall’intervento eseguito e
  • la situazione in cui l’intervento edilizio consista in una ristrutturazione dell’appartamento mantenendolo tale e che solo dopo aver concluso i lavori E AVER PRESO ATTO CHE QUELLA RISULTANTE CONTINUA AD ESSERE UNA ABITAZIONE, il proprietario decida di farlo utilizzare a terzi PER FINI DIVERSI.

Se questa differenza per il fisco ci fosse, sarebbe senz’altro condivisibile e coerente con l’impianto normativo e di prassi sostenere che nel primo caso la detrazione NON è ammissibile, mentre nella seconda situazione – altrettanto coerentemente – però bisognerebbe sostenere che la detrazione SPETTA e NON decade.

CONCLUSIONI:

Visto e argomentato come da una istanza presentata in maniera a dir poco vaga si è giunti a un indirizzo di questo tenore da un Ente che d’altronde non può che rispondere solo in base a ciò che gli viene riportato, sarebbe davvero utile che prima di procedere alla redazione delle istanze di interpello si riflettesse sull’argomento che si va a trattare, si circostanziasse e si riportasse anche una ipotesi di soluzione operativa.

Si ricorda che se è vero che l’interpello non fa giurisprudenza allo stesso tempo, una risposta pubblicata sul Sito dell’Agenzia delle Entrate senza dubbio è una forte indicazione di indirizzo che potrà essere presa a spunto per avvisi e controlli.

Ecco che a seguito di una istanza il cui scopo doveva essere il dissipare un dubbio per una situazione singola e specifica, ci si trova a livello nazionale ad aver a che fare con una risposta limitante e di vastissima applicazione pratica.

Lavorare così non fa che fornire assist a un contenzioso prossimo futuro che di sicuro non ha alcuna necessità di essere fomentato.

articolo di Fabiana Nesi

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