DOPO GLI INVII A PIOGGIA DELLE ISTANZE VOLTE A CHIARIRE I TANTI DUBBI RELATIVI AI SUPERBONUS E BONUS EDILIZI ORA SONO LE RISPOSTE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE A DESTARE PERPLESSITA’.
Dell’utilità dell’interpello ordinario di cui all’art. 11 L. 212/2000 come strumento valido per il contribuente di fronte all’incertezza di un quadro normativo complesso, farraginoso o incompleto e di come questo si fosse reso talvolta addirittura indispensabile in occasione dei Bonus Edilizi in versione “SUPER”, si era già ampiamente argomentato pochi mesi fa ( a tal fine si legga il mio articolo del giugno u.s. “Interpelli Superbonus 110 su questioni urbanistico edilizie: il fisco dice basta” ).
In quell’occasione si evidenziò il singolare intervento da parte dell’Agenzia delle Entrate la quale il 14 maggio 2021 si trovò addirittura a sottolineare all’interno della circolare 4/E paragrafo 2.2 – richiamando esplicitamente l’art. 119 D.L. 34/2020 – che si era “intensificato, notevolmente, il ricorso all’istituto dell’interpello, sia da parte dei contribuenti sia da parte dei professionisti, in qualità di tecnici incaricati dai contribuenti stessi”.
In quello stesso documento si soffermò dettagliatamente a ribadire tutte le ipotesi di inammissibilità e a ricordare indirettamente le regole base per la stesura dell’istanza.
Il D.L. 34/2020, all’atto pratico, si è rivelato uno dei più ostici Decreti in materia tributaria degli ultimi anni e la quantità di contribuenti che hanno chiesto la fattibilità del proprio caso personale era diventata, specialmente nel primo trimestre del 2021, al limite del gestibile anche da parte degli uffici regionali dell’Agenzia delle Entrate.
Nella moltitudine delle istanze era immaginabile che molte fossero redatte anche in maniera purtroppo errata o inammissibile e per questo involontariamente si era creato un effetto boomerang rallentando la soluzione di tanti casi.
D’altro canto, lo Statuto del Contribuente – così è comunemente chiamata la L. 212/2000 – è nato con lo scopo preciso di andare incontro al privato cittadino proprio nel tentativo di ridurre il gap informativo e conoscitivo naturale che si forma tra legislatore / agenzia delle entrate / contribuente.
Quello che dal 2000 ad oggi è stato raramente oggetto di attenzione e riflessione è il fatto che NON sia l’istanza a essere errata ma CHE lo sia LA RISPOSTA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE.
In questa stagione dei SUPER BONUS dove tutto sembra incrementale, da questa escalation sembra non si esenti neanche la possibilità di errare da parte degli estensori delle risposte agli Interpelli.
Così come sono aumentati gli interventi edilizi, i prezzi, le istanze d’interpello, le modifiche e integrazioni normative, le interpretazioni fallaci dei contribuenti, delle imprese, dei professionisti, si è assistito anche a più di una défaillance da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In realtà non ci è dato di sapere quanti e quali errori sono stati commessi da coloro i quali hanno redatto le risposte a tutte le migliaia di istanze di interpello che sono state elaborate in quanto l’Ade pubblica sulle sue pagine esclusivamente le risposte che ritiene di maggior interesse lasciando al rapporto privatistico naturale quelle che si riflettono in maniera più spiccata ad una situazione personale e specifica.
Nonostante questa scrematura abbiamo tutti assistito alla pubblicazione di una correzione rettificativa il 9 giugno 2021 e a un caso oggettivamente singolare di una risposta aggiunta nella pagina dedicata all’area tematica per il Superbonus e poi tolta nel giro di 24 ore presumibilmente per una mala interpretazione della questione trattata.
A sostegno di quanto espresso si veda la risposta n. 231 del 9 aprile 2021 “Superbonus – Interventi antisismici realizzati su un edificio di un unico proprietario composto da unità abitative funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo – Articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio) ” poi rettificata parzialmente dalla risposta n. 397 del 9 giugno 2021 e la risposta n . 568/2021 resa pubblica il 30 agosto 2021, ripresa immediatamente da tutti i quotidiani di settore e da tutti gli esperti e addetti ai lavori per la sua evidente rottura e cambio di rotta rispetto alle risposte precedenti e tolta dal sito dell’Agenzia delle Entrate con estrema velocità.
Di quest’ultima ad oggi non resta traccia se non tra coloro che avevano scaricato il file nella giornata.
Quello che senz’altro rimane è il commento di tanti giornalisti, pubblicisti, blogger, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri e cultori della materia che hanno letteralmente sussultato leggendone il contenuto.
Il caso affrontato in questa “fantomatica” risposta dall’Agenzia delle Entrate riguardava un edificio composto ante lavori da un’unica unità abitativa accatastata A/3 e da due pertinenze, di cui una accatastata C/6 con destinazione d’uso “autorimessa” e una accatastata C/2 con destinazione d’uso “magazzino”.
Ciò posto, la risposta a interpello Agenzia delle Entrate 30 agosto 2021 n. 568 affermava che “con riguardo alla determinazione dei limiti di spesa ammessi al superbonus – al pari degli interventi effettuati sulle parti comuni di un edificio in condominio – occorre tener conto del numero delle unità immobiliari di cui l’edificio è composto, incluse le pertinenze”, consentendo quindi di moltiplicare i “tetti massimi unitari” di spesa detraibile per il numero di 3 unità immobiliari.
Eppure, premesso che la moltiplicazione dei “tetti massimi unitari” di spesa detraibile per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio concerne soltanto le spese sostenute per interventi sulle parti comuni dell’edificio, la prassi consolidata dell’Agenzia delle Entrate è sempre stata estremamente chiara nell’affermare che “anche se dalla lettura combinata della Circolare n. 121 del 1998 e della Circolare n. 95 del 2000 si desume che il concetto di «parti comuni» non richiede l’esistenza di una pluralità di proprietari, si deve ritenere tuttavia che tale concetto presupponga la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome”, ragione per cui, nel caso di edifici costituiti esclusivamente da un’unità abitativa e dalle relative pertinenze “non sono ravvisabili elementi dell’edificio qualificabili come «parti comuni» e pertanto non è praticabile un autonomo limite di spesa ad esse riferibile” (ris. Agenzia delle Entrate 12 luglio 2007 n. 167).
Sulla base di questa consolidata prassi dovrebbe pacificamente applicarsi un unico “tetto massimo unitario” di spese detraibile per gli interventi sull’edificio composto da un’unica unità immobiliare funzionalmente autonoma (edificio unifamiliare) e dalle relative unità pertinenziali.
La risposta all’interpello del 30 agosto 2021 n. 568 riteneva invece applicabile la moltiplicazione per tre, evidentemente non condividendo, o non considerando, che il “concetto” di parti comuni “presupponga la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome” e che possa dunque applicarsi anche in presenza di una sola unità immobiliare funzionalmente autonoma.
Non è certo che la scelta di togliere dalla pagina Internet dell’Agenzia delle Entrate sia da considerarsi espressione di un ripensamento o di un mero errore, un’unica cosa è certa: quella risposta ancorché non pubblicata è quella che ufficialmente l’istante si è visto recapitare e dento quel perimetro potrà operare.
Appurato che anche l’Agenzia delle Entrate è passibile di errore,
che fare quando la risposta all’interpello è sbagliata?
L’EFFICACIA DELLA RISPOSTA ALL’ISTANZA DI INTERPELLO
A norma dell’art. 11 co. 2 dello Statuto del Contribuente e dell’art. 5 co. 1 del DM 209/2001, la risposta scritta e motivata dell’Amministrazione finanziaria ha efficacia:
· esclusivamente nei confronti del contribuente istante;
· limitatamente al caso concreto e personale prospettato nell’istanza di interpello.
L’art. 5 co. 2 del DM 209/2001 prevede, inoltre – in attuazione del disposto dell’art. 11 co. 2 e co. 3 della L. 212/2000 – la nullità, limitatamente alla questione oggetto di interpello, degli atti amministrativi, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanati dagli uffici in difformità della risposta ovvero della interpretazione sulla quale si è formato il silenzio-assenso.
L’art. 11 co. 3 della L. 212/2000 dispone, in merito, che, limitatamente alla questione oggetto di interpello, non possono essere irrogate sanzioni nei confronti del contribuente che non abbia ricevuto risposta dall’Amministrazione finanziaria.
EFFETTI DELLA RISPOSTA SUI SUCCESSIVI COMPORTAMENTI DEL CONTRIBUENTE
Il co. 1 dell’art. 5 del DM 209/2001 chiarisce che tale efficacia si estende anche ai comportamenti successivi del contribuente “riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione finanziaria”.
Come osservato dalla C.M. 50/2001 (§ 5.4), “si configura in tal modo un effetto ultrattivo dell’interpello, la cui efficacia va oltre il caso specifico per il quale è stato proposto, ponendo il contribuente al riparo da ogni iniziativa anche futura degli uffici assunta in difformità dalla risposta data.
Sarebbe tuttavia ingiustificato salvaguardare tale effetto ultrattivo anche in presenza di una risposta errata, impedendo all’Agenzia di porre termine agli effetti moltiplicatori di una applicazione illegittima delle norme tributarie. Per questo fondamentale motivo all’articolo 5, comma 1, del regolamento viene consentito all’Amministrazione finanziaria di ritornare sulle proprie posizioni, (…)comunicando all’interpellante una soluzione interpretativa diversa da quella in precedenza prospettata o accreditata per effetto del silenzio-assenso, i cui effetti però si riverberano esclusivamente sui comportamenti successivi e non anche su quello indicato nell’istanza di interpello”.
A partire da tale momento, viene meno la “copertura” dell’interpello; ne consegue che, con riferimento ai comportamenti successivi difformi dal nuovo parere, potranno essere irrogate anche le relative sanzioni.
RISPOSTA RETTIFICATIVA
La risposta comunicata o notificata dall’ufficio a norma dell’art. 3 co. 1 del DM 209/2001 non mette al riparo il contribuente da successivi “ripensamenti” dell’Amministrazione finanziaria.
L’art. 5 co. 3 del decreto di attuazione consente, infatti, all’ufficio – in contrasto con il disposto dell’art. 11 della L. 212/2000 e con il principio di chiarezza che deve caratterizzare i rapporti tra Fisco e contribuente – di notificare una successiva risposta diversa da quella fornita in precedenza.
Ne consegue che il cambio di interpretazione non può che avvenire con una successiva risposta fornita a norma dell’art. 5 co. 3 del DM 209/2001.
Tale potere non è, infatti, riservato dal decreto all’ufficio delle Entrate, il quale non può disconoscere il parere notificando, ad esempio, un avviso di accertamento in contrasto con l’orientamento dell’interpello; si ricorda, infatti, che sono nulli eventuali atti amministrativi emanati in difformità della risposta fornita dall’ufficio o dalla interpretazione sulla quale si è formato il silenzio-assenso
In tal caso, l’ufficio recupera le imposte eventualmente dovute ed i relativi interessi, a condizione che il contribuente:
· “non abbia ancora posto in essere il comportamento specifico prospettato”;
· ovvero “non abbia ancora dato attuazione alla norma oggetto di interpello”
L’individuazione delle ipotesi al verificarsi delle quali l’ufficio non potrà provvedere al recupero delle imposte e dei relativi interessi non è del tutto agevole; la disposizione in commento si limita, infatti, a precisare che il contribuente non deve aver “ancora posto in essere il comportamento specifico prospettato” o non “ancora dato attuazione alla norma oggetto di interpello”.
Ne consegue che il diritto di “ripensamento” non pare possa comportare conseguenze per il contribuente qualora questi abbia per esempio concluso un contratto ,ad esempio un acquisto di abitazione con Super-sismabonus acquisti, (a tal proposito si vedano le problematiche esposte nell’articolo: “Sismabonus e Supersismabonus acquisti: l’agenzia delle entrate conferma entro il termine normativo anche l’atto notarile di acquisto” ) che aveva formato oggetto di istanza di interpello
La C.M. 50/2001 (§ 5.3) precisa che il comportamento del contribuente non potrà essere contestato, qualora l’istante “abbia già posto in essere il comportamento prospettato nell’istanza o intrapreso iniziative finalizzate in modo non equivoco all’attuazione dello stesso, uniformandosi alla soluzione interpretativa comunicata o implicitamente condivisa dall’Agenzia”.
Circa la possibilità di rettificare la posizione precedentemente resa o desumibile dal silenzio-assenso, si è osservato che tale potere discrezionale lasciato all’Amministrazione finanziaria dal regolamento vanifica, di fatto, l’obiettivo della trasparenza e certezza fiscale perseguito dallo Statuto con il diritto d’interpello; la possibilità per l’ufficio di cambiare il proprio orientamento (o di fornire la risposta oltre i termini) – non condizionata “a regole e a limiti minimi e massimi di tempo” – mal si concilia con il diritto del contribuente ad ottenere risposte definitive e vincolanti per il Fisco che pare emergere dalla ratio dello Statuto del contribuente
Tale possibilità pare in contrasto con il principio della tutela dell’affidamento enunciato dallo stesso Statuto del contribuente all’art. 10 co. 2, laddove si prevede che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente quando lo stesso:
· si è conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’Amministrazione stessa;
· il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’Amministrazione.
COMPORTAMENTO NON CONFORME
IInfine si ricordi che la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 50 del 31.5.2001 (§ 5) ha chiarito che la risposta fornita all’interpello ordinario ex art. 11 della L. 212/2000 “non impegna il contribuente, il quale è libero di determinarsi in senso non conforme”.
Il parere NON è dunque vincolante per il contribuente, ma solo per l’attività e l’operato degli uffici in relazione al caso oggetto di interpello; ai sensi dell’art. 5 co. 2 del DM 209/2001, sono infatti nulli i provvedimenti impositivi o sanzionatori emanati in difformità della risposta data dalla Direzione regionale o centrale dell’Agenzia delle Entrate ovvero della interpretazione sulla quale si è formato il silenzio-assenso.
Ecco perché la risposta di un interpello non vincola, pertanto, in alcun modo l’interpretazione della norma in una futura eventuale sede di giudizio.
CONCLUSIONI
Stante il valore dell’istituto nonché l’estrema complessità ed evoluzione continua della materia si rende evidente che non può esistere una scelta univoca di indirizzo verso un comportamento da adottare in presenza di risposte errate fornite dall’Amministrazione Finanziaria.
Le variabili incidentali relative al valore dell’operazione sottostante l’istanza, delle persone coinvolte, dei diritti lesi rendono necessario un attento esame del caso concreto da operarsi di concerto con l’ausilio di un buon pool formato da Dottori Commercialisti e Legali che possano avvalersi della fondamentale collaborazione degli altri professionisti interessati e collegati alla materia siano essi Ingegneri, Architetti, Geometri, Notai e quant’altro.
Articolo di Fabiana Nesi
2 pensieri riguardo “CHE FARE QUANDO LA RISPOSTA ALL’INTERPELLO E’ SBAGLIATA?”
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