Crediti d’imposta da Bonus Edilizi: trattamento delle Perdite definitive e delle Svalutazioni nei Bilanci delle imprese.

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Tra i crediti scaduti, quelli difficilmente recuperabili o collocabili sui Bilanci 2022 è necessaria più di una riflessione.

Partiamo col circoscrivere quali siano i crediti d’imposta che possono essere effettivamente inseriti nella voce “PERDITE”.

Tenuto conto che la peculiarità dei crediti d’imposta da Superbonus e bonus Edilizi è la loro fruibilità in 4, 5 o 10 anni (a seconda della tipologia di intervento eseguito), e che ogni singola frazione deve essere utilizzata entro l’annualità di riferimento, nei bilanci del 2022 possono considerarsi “PERSI” i crediti d’imposta che potenzialmente avrebbero potuto essere compensati entro il 31 dicembre 2022 MA che l’impresa non è riuscita entro la loro naturale scadenza né a utilizzare direttamente né a cedere a terzi. Le rate successive ,potendo ancora essere compensate o cedute, NON rientrano in questa tipologia di costo.

L’art. 101, c. 5, del Tuir indica le regole per la deduzione delle perdite su crediti.

In particolare, dispone che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e questo costituisce il pilastro fondamentale per la corretta deduzione.

Tali elementi sono sempre rispettati nel caso in cui il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali o abbia concluso un accordo di ristrutturazione del debito regolarmente omologato (art. 182-bis R.D. 267/1942) o un piano attestato (art. 67 R.D. 267/1942).

Evidentemente, essendo il creditore in questione lo Stato Italiano, questa condizione non riguarda il nostro caso.

Ad oggi, al di fuori delle procedure concorsuali, la perdita è fiscalmente deducibile “in ogni caso” quando, in alternativa:
– il credito è di modesta entità (vale a dire, di importo non superiore a 5.000 euro, per le imprese che abbiano conseguito un volume d’affari o ricavi non inferiore a 100 milioni di euro, e non superiore a 2.500 euro, per le altre imprese) ed è decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza del pagamento (c.d. “mini crediti”);


il diritto alla riscossione del credito è prescritto;


– i crediti sono cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

Interessate ricordare che la sentenza della Cassazione n. 12693/2022 segnala che il periodo d’imposta in cui operare la deduzione della perdita deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che i crediti non possono più essere soddisfatti, materializzandosi in tale momento gli elementi “certi e precisi” della loro irrecuperabilità.

Diversamente, infatti, si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa.

La deduzione non è più consentita quando l’imputazione avviene in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

I crediti d’imposta da Bonus Edilizi scaduti al 31 dicembre 2022 per poter essere considerati COSTO deducibile fiscalmente devono confluire nel bilancio 2022 per il loro intero ammontare.

L’Organismo Italiano di Contabilità tuttavia per le imprese committenti paragona il beneficio fiscale come un Contributo in Conto Impianti e non come un credito, citando espessamente l’OIC 16 per indicare i criteri di contabilizzazione motivo per cui potrebbe essere legittimo indicare il valore ormai scaduto nella voce “oneri diversi di gestione”.

La questione cambia per quanto riguarda per la parte di crediti d’imposta legati all’utilizzo per gli anni 2023 e seguenti.

E’ legittimo operare una svalutazione del loro valore nel bilancio del 2022,

visto che la loro commerciabilità è al momento estremamente labile?

Se si inquadra la loro natura per ciò che effettivamente è ovvero un credito d’imposta nei confronti dello Stato, non si prefigurerebbe alcuna necessità di procedere ad alcuna svalutazione dal momento che , potenzialmente il valore nominale del credito sarà effettivamente “incassabile” tramite l’istituto della compensazione entro le relative scadenze annuali.

Vedendo il valore finanziario da questa ottica, non ha motivo di essere indicata in bilancio e tantomeno detratta alcuna svalutazione, poiché il soggetto debitore, lo Stato, è disponibile al pagamento della somma dovuta appena l’impresa avrà un debito F24 da pagare.

Tutto ciò fatto salvo il principio previsto dall’OIC 15 in merito alla contabilizzazione in base al costo ammortizzato dal quale sono esentate le Società soggette al bilancio in forma abbreviata.

La questione svalutazione nasce invece da n punto di vista “operativo e pratico” SE si considerano i crediti d’imposta, non tanto come crediti ma, come “merce” acquistata e potenzialmente da vendere.

Nel caso in cui l’imprenditore abbia acquisito i crediti d’imposta da bonus edilizi con l’intenzione primaria di cederli a terzi e non sia riuscito ancora a concludere il contratto di cessione, ecco, in questo caso, si deve eventualmente valutare come e se prevedere una svalutazione della relativa posta di bilancio.

IN TAL SENSO L’OIC, che indica come metodo per la contabilizzazione dei crediti da bonus edilizi attingendo dalle regole dell’ OIC 15 (il quale tratta dei metodi di rilevazione dei CREDITI) specifica:

Stima delle svalutazioni dei crediti valutati al costo ammortizzato e dei crediti non valutati al
costo ammortizzato

  1. I crediti sono rappresentati in bilancio al netto del fondo svalutazione crediti. Un credito deve essere svalutato nell’esercizio in cui si ritiene probabile che il credito abbia perso valore.
  2. Al fine di stimare il fondo svalutazione crediti una società deve valutare se sussistano degli indicatori che facciano ritenere probabile che un credito abbia perso valore. Di seguito si riportano alcuni esempi di tali indicatori:

− significative difficoltà finanziarie del debitore;
− una violazione del contratto, quale un inadempimento o un mancato pagamento degli interessi o del capitale;
− il creditore, per ragioni economiche o legali relative alla difficoltà finanziaria del debitore, estende a quest’ultimo una concessione che il creditore non avrebbe altrimenti preso in considerazione;
− sussiste la probabilità che il debitore dichiari fallimento o attivi altre procedure di ristrutturazione finanziaria;
− dati osservabili che indichino l’esistenza di una diminuzione sensibile nei futuri flussi finanziari stimati per un credito, ivi incluso, condizioni economiche nazionali o locali sfavorevoli o cambiamenti sfavorevoli nelle condizioni economiche del settore economico di appartenenza del debitore.

  1. La verifica dell’esistenza degli indicatori di perdita di valore varia a seconda della composizione delle voci dei crediti. Tale verifica è effettuata per ogni singolo credito in presenza di un numero limitato di crediti.
    Se invece i crediti sono numerosi e individualmente non significativi, tale verifica può essere effettuata a livello di portafoglio crediti secondo le regole del paragrafo 62).
    Nel caso in cui i crediti sono numerosi, ma alcuni di questi sono individualmente significativi, la verifica dell’esistenza degli indicatori di perdita di valore è effettuata a livello di singolo credito per i crediti individualmente significativi, mentre può essere effettuata a livello di portafoglio per i restanti crediti.
  2. Se la stima del fondo svalutazione crediti avviene a livello di portafoglio, i crediti sono
    raggruppati sulla base di caratteristiche di rischio di credito simili che sono indicative della capacità dei debitori di corrispondere tutti gli importi dovuti secondo le condizioni contrattuali (per esempio, settore economico di appartenenza dei debitori, area geografica, presenza di garanzie, classi di scaduto, ecc.). In questi casi, alle suddette classi di crediti si possono applicare formule per la determinazione delle riduzioni di valore (ad esempio, una percentuale dei crediti rappresentativa delle perdite medie storicamente rilevate, eventualmente corretta per tenere conto della congiuntura corrente).
  3. L’accantonamento al fondo svalutazione dei crediti assistiti da garanzie (ad esempio pegno, ipoteca, fidejussione) tiene conto degli effetti relativi all’escussione delle garanzie.
  4. L’accantonamento al fondo svalutazione dei crediti assicurati si limita alla quota non coperta dall’assicurazione, solo se vi è la ragionevole certezza che la società di assicurazione riconoscerà l’indennizzo.
  5. Il fondo svalutazione crediti accantonato alla fine dell’esercizio è utilizzato negli esercizi
    successivi a copertura di perdite realizzate sui crediti.

Stante la classificazione suggerita dall’Organismo Italiano di Contabilità quindi ANCORCHE’ un’impresa con oggetto sociale differente da un istituto finanziario, bensì con una attività operativa “ordinario” abbia inteso acquisire i crediti d’imposta o tramite lo sconto in fattura o con regolare acquisto, con l’intenzione di monetizzare gli importi acquisiti difficilmente potrà eseguire delle svalutazioni del relativo valore in bilancio.

Il lato debole del valore del credito in questa circostanza non è infatti dato dalla solvibilità del debitore quanto dalla concreta capacità fiscale della Società creditrice.

Se l’Amministratore della società ha provveduto nella sua gestione ordinaria ad incamerare Crediti d’imposta per Bonus Edilizi senza che l’attività economica svolta fosse in parallelo in grado di assorbire tramite le proprie imposte e contributi le cifre dei Bonus acquisiti, stante il generalizzato blocco concomitante delle cessioni dei crediti, di fatto egli ha prodotto una perdita della Società che si materializzerà finanziariamente già dai bilanci 2022 ma da un punto di vista economico avrà evidenza nell’arco temporale dei crediti d’imposta acquisiti.

Banalmente a fronte di crediti d’imposta Superbonus 110% per sconto in fattura per 1.000 che avrebbero dovuto essere immediatamente ceduti riportando un incasso finanziario pari a 950 ( ipotizzando pari a 50 il costo dell’operazione) , nel caso in cui questi siano rimasti invenduti, questi creeranno una perdita di 250 ogni anno SE la società ha una capacità di assorbimento del credito pari a zero.

La perdita annuale, supponendo per esempio una compensazione di 180, sarà invece di 70 e così via per i successivi 3 anni.

La gravità della situazione delle Società interessate dal problema dello stop alle cessioni non lo si vedrà tanto dall’emersione dei risultati netti di Bilancio, che oltretutto, almeno per le imprese dell’indotto, saranno anche probabilmente pingui delle fatturazioni eseguite a fronte degli appalti ricevuti, quanto dal peggioramento delle disponibilità liquide e della effettiva solvibilità.

Sarà veramente da giocarsi sul filo del rasoio ogni prossima mossa da parte degli Amministratori che rischiano di trovarsi coinvolti in crisi d’impresa causate in verità solo in minima parte da avventatezza quanto per lo più da una errata pianificazione della normativa.

Viene da chiedersi se sarà giusto incolpare imprenditori e Amministratori di mala gestione fino alla bancarotta quando in primis è stato il legislatore a non aver saputo prevedere cosa avrebbero prodotto le Sue decisioni.

Considerando che mentre il Superbonus riempiva le pagine dei giornali nel contempo si andava delineando il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza ( in vigore dal 15 luglio 2022) che, almeno sulla carta, sembra voler ribaltare la visione della questione puntando molto su una tempestiva rilevazione della “crisi” e sull’istituire alternative preventive atte al salvataggio dell’impresa, vedremo quali orientamenti saranno poi presi dai Tribunali e dai Professionisti incaricati.

Articolo di Fabiana Nesi

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