In fase di dichiarazione annuale dei redditi per i professionisti rileggiamo bene la Sentenza della Cassazione n. 28253/2022
A differenza dei ricavi delle imprese, che si considerano tali in base al criterio di competenza e a prescindere dal correlato incasso, i compensi professionali concorrono alla determinazione del reddito di lavoro autonomo in base al “principio di cassa” ( art. 54 DPR 917).
Pertanto, una parcella emessa, ma non incassata entro la fine del periodo d’imposta, non genera un provento fiscalmente rilevante in detto periodo d’imposta.
Il componente positivo diverrà imponibile all’atto dell’incasso.
Cassazione & Presunzione di incasso per le fatture non saldate
Secondo la Cass. 28.9.2022 n. 28253, si considerano incassati e, come tali imponibili, i compensi indicati da un professionista in una parcella che non è mai stata saldata.
Nello specifico, i giudici di legittimità hanno considerato giustificata la presunzione di avvenuta percezione fondata sul principio per il quale, in base alla disciplina dell’IVA, la fattura deve essere emessa al momento del pagamento della prestazione.
Tale affermazione tuttavia NON considera l’ipotesi secondo cui il momento dell’emissione della fattura può non coincidere con quello del pagamento, che, infatti, può essere anche successivo.
In assenza di ulteriori elementi probatori, presumere l’incasso della fattura nel momento della relativa emissione sembrerebbe ingiustificato.
Tuttavia nella citata Sentenza si rileva come spetti al professionista dimostrare il mancato incasso.
Per l’esattezza così viene espresso il concetto:
«i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi dell’art.50 (attualeart.54), primo comma, del d.P.R.22 dicembre 1986,n.917. Ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista nell’anno d’imposta oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio, ove sia comprovato da contribuente che l’incasso è avvenuto in epoca ad esso successiva, non concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo del professionista ai fini IRPEF per l’anno oggetto di accertamento
In fase di predisposizione della dichiarazione annuale dei redditi , tra i documenti da conservare, alla luce di tale sentenza potrebbe diventare utile dotarsi di idonea documentazione comprovante il mancato incasso.
Certo è che non è sempre facile dimostrare qualcosa che di fatto non c’è.
Sicuramente l’ipotesi più semplice la si ha quando l’incasso effettivo avviene nei primi mesi dell’anno successivo e magari con bonifico che indichi il riferimento della parcella a suo tempo emessa.
Cosa più complessa invece diventa quando non si è dato seguito a nessuna richiesta formale di pagamento del proprio credito.
Non è al momento dato di sapere quali siano esattamente i documenti ritenuti idonei.
Uno scambio di e-mail , magari PEC, col creditore per un accordo di pagamento , oppure una dichiarazione dello stesso che conferma di essere debitore.
Anche in questo caso potrebbe esserci un grado differente di difficoltà a seconda che il cliente sia un soggetto privato, un’impresa o addirittura un ente pubblico.
Veramente in caso di Ente pubblico si metterebbe ugualmente in dubbio il mancato pagamento?
Probabilmente occorrerà fare un distinguo tra le differenti fattispecie e il rischio di eventuali paventati incassi avvenuti “extracontabilmente”.
Sicuramente il consiglio è di evitare di aggiungere al danno di non essere riusciti a incassare, la beffa di non essere in grado di dimostrare che NON si hanno le disponibilità finanziarie relative.
Se la notula non incassata “accade” in un a fase di cessazione della professione allora l’Agenzia delle Entrate ha indicato come occorre procedere:
Cessazione dell’attività
Se, nel momento in cui si decide di cessare l’attività, esistono ancora crediti professionali da riscuotere, il lavoratore autonomo può (ris. Agenzia Entrate 20.8.2009 n. 232):
- attendere fino all’incasso del credito e solo dopo chiudere la partita IVA;
- chiudere la partita IVA prima dell’incasso del credito avendo cura, però, di emettere fattura ed assolvere la relativa IVA ivi indicata.
La risoluzione 232/2009 ha espressamente ammesso la facoltà di scegliere come procedere, tuttavia in quel testo non ha chiarito il trattamento dei compensi incassati dopo la chiusura della partita IVA.
In assenza di ulteriori indicazioni, sembrava ragionevole ritenere che l’emolumento mantenesse la natura di reddito di lavoro autonomo professionale e che, quindi, ai fini dichiarativi, dovesse essere indicato nel quadro RE del modello REDDITI.
Tuttavia, la successiva risposta a interpello 2.9.2020 n. 299, definendo il trattamento del compenso fatturato dal professionista durante il regime di vantaggio (ex DL 98/2011), ma incassato successivamente alla chiusura della partita IVA, ha precisato che,
ove non sia possibile riscontrare la sussistenza, al momento dell’incasso del compenso, dei presupposti tipici dell’esercizio per professione abituale di attività di lavoro autonomo, così come definiti nell’art. 53 co. 1 del TUIR,
detto emolumento deve essere dichiarato come reddito diverso (art. 67 co. 1 lett. l) del TUIR), indicandolo nel quadro RL (rigo RL15 – redditi derivanti da attività di lavoro autonomo occasionale) del modello REDDITI PF.
Da ultimo, la risposta a interpello 26.4.2022 n. 218 ha chiarito che, nell’ipotesi di chiusura della partita IVA prima dell’incasso di eventuali crediti professionali, i compensi che non hanno ancora avuto manifestazione finanziaria al momento della chiusura della posizione IVA sono imputati tra i redditi relativi all’ultimo anno di attività professionale.
In assenza di fatturazione “anticipata” dei compensi non ancora incassati, l’Agenzia ritiene impropria la chiusura della partita IVA in quanto realizzata prima che siano concluse tutte le attività ad essa connesse.
Conseguentemente, il professionista è tenuto a riattivare la propria posizione fiscale e, al momento dell’effettivo incasso dei singoli crediti, emettere fattura e dichiarare i compensi come reddito professionale nel modello REDDITI PF.
Soggetti in regime di vantaggio
Per il caso di cessazione dell’attività con chiusura della partita IVA da parte di un soggetto che fruisce del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile, “in un’ottica di semplificazione che tiene conto delle dimensioni dell’impresa e, in particolare, dall’esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l’attività, (…) è rimessa alla scelta del contribuente la possibilità di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria” (circ. Agenzia delle Entrate 30.5.2012 n. 17, ).
È possibile, quindi, far concorrere al reddito dell’ultimo anno di attività i ricavi o compensi che non hanno ancora avuto manifestazione finanziaria (nel regime, l’applicazione del principio di cassa vale per imprenditori e professionisti).
Attesa la specificità del chiarimento, prima della citata risposta 218/2022, tale soluzione non sembrava generalizzabile, salvo forse che per il caso del regime forfetario:
ora, tale facoltà è stata espressamente estesa anche ai lavoratori autonomi che applicano un regime ordinario di determinazione del reddito.
Questa la parte del testo dell’interpello citato:
“con riferimento al quesito relativo alla modalità di documentazione e dichiarazione di crediti maturati in un’annualità in cui l’ Istante era ancora fiscalmente residente in Italia e svolgeva in modo abituale attività di lavoro autonomo ma liquidati/incassati dopo il suo espatrio e la chiusura della sua partita IVA si ritiene che la procedura corretta preveda, alternativamente, l’imputazione dei compensi che non abbiano ancora avuto manifestazione finanziaria al momento della chiusura della posizione IVA ai redditi relativi al 2021, ultimo anno di attività professionale, oppure il mantenimento della posizione IVA individuale fino all’ultimazione di tutte le operazioni fiscalmente rilevanti, secondo quanto previsto dalla prassi citata in precedenza, permettendo così l’emissione della fattura e la dichiarazione dei redditi nell’anno di imposta in cui si realizza l’incasso del credito, in applicazione del principio di cassa. Nel presupposto che l’imputazione all’ultimo anno di attività dei crediti esigibili e non ancora riscossi derivanti dall’esercizio della professione legale in Italia non sia stata effettuata, non essendovene accenno in istanza, si ritiene che l’Istante, che ha impropriamente chiuso la propria partita IVA prima che fossero concluse tutte le attività ad essa connesse, dovrà procedere alla richiesta di riattivazione della propria posizione fiscale e, al momento dell’effettivo incasso dei singoli crediti, dovrà rendicontarli tramite l’emissione di una fattura per prestazione di lavoro autonomo e dichiararli come reddito professionale, utilizzando il modello Redditi Persone fisiche dell’anno di competenza.”
Articolo di Fabiana Nesi
Copyright2023 fabiananesicommercialista
Devi accedere per postare un commento.