GENERAL CONTRACTOR

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REVERSE CHARGE O IVA?

Niente di ovvio nel mondo dei tributi: MAI. Decisamente fare business in Italia non è una pista azzurra di sci. Quando poi si profilano margini di possibile guadagno legittimo, ecco che subentrano le zone grigie delle norme mai definitivamente chiarite a lasciarci un po’ ansia da possibile verifica fiscale.

Parliamo di IVA per i General Contractor nell’edilizia. Cerchiamo di capire.

La figura del contraente generale (c.d. “general contractor”) ha trovato una propria tipizzazione normativa solo nell’ambito del Codice dei contratti pubblici (art. 194 del DLgs. 50/2016), ma la prassi di affidare l’intera attività di progettazione ed esecuzione delle opere a un unico soggetto con l’introduzione del Superbonus vede un crescente ricorso anche da parte di committenti privati.

A maggior ragione a seguito della generalizzazione delle opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta, ai sensi degli artt. 119 e 121 del DL 34/2020.

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LE DOMANDE GIUSTE

In presenza di un contraente generale di un committente pubblico, appare pacifico che le prestazioni dei subappaltatori nei suoi confronti richiedano l’applicazione dell’IVA in fattura (e non, quindi, il meccanismo del reverse charge), salvo il caso in cui si tratti di prestazioni rientranti tra quelle contemplate dalla lett. a-ter) dell’art. 17 comma 6 del DPR 633/72 (ad esempio, opere di completamento relative a edifici).

La lett. a) del medesimo art. 17 comma 6 del DPR 633/72 prevede, infatti, che le prestazioni di servizi:

rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti di imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”

siano soggette a reverse charge, ma

“la disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori”.

La disposizione si applica anche in presenza di un contraente generale di un committente privato?

La lettura della norma sembrerebbe consentire di pervenire a questa conclusione, perché “un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori” è un’espressione che identifica in modo chiaro la fattispecie senza preclusioni sul fatto che la committenza sia privata o pubblica.

In sostanza, in presenza di un Contraente Generale (definito come il soggetto cui viene affidata la totalità dei lavori) si ritiene si possa considerare un rapporto di appalto diretto, piuttosto che a un subappalto.

Pur nell’assenza di chiarimenti specifici, un’impostazione di questo tipo sembra evincersi, in qualche misura, dalla ris. Agenzia delle Entrate n. 111/2008.
Nel documento , riferito a una fattispecie più complessa, si afferma, infatti, che il rapporto giuridico tra il contraente generale e i suoi prestatori di servizi appare

“più vicino ad un contratto atipico di committenza”

in virtù del quale con le imprese terze sono posti in essere “dei veri e propri contratti di appalto” e non di subappalto.


Resta ben inteso che, quando le prestazioni rese nel settore edile nei confronti del “general contractor” consistono in prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici, l’applicazione dell’IVA con il meccanismo del reverse charge rimane dovuta ai sensi della lett. a-ter) dell’art. 17 comma 6 del DPR 633/72.


Per queste prestazioni di servizi, infatti, la norma non circoscrive l’applicazione del reverse charge ai soli subappalti, né prevede disapplicazioni quando le prestazioni sono rese nei confronti di un “general contractor”.

CHE SI DEVE INTENDERE PER PRESTAZIONI DI SERVIZI DI COMPLETAMENTO RELATIVE A EDIFICI ?

Il termine “completamento” è quanto di più vago e comunque atecnico si potesse inserire.

“Completamento” in italiano sembrerebbe più vicino all’idea di “terminare qualcosa che è in corso di ….”.

Ma in corso di cosa? Costruzione? Manutenzione? Ristrutturazione? Restauro? Risanamento?

Sul punto l’Agenzia delle Entrate cercò di chiarire la situazione con una Circolare del 2015 la 14/E

Si osserva che il termine “completamento” di edifici, contenuto nella lettera a-ter) in commento, è utilizzato dal Legislatore in modo atecnico. L’articolo 3 del Testo Unico dell’edilizia (decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380), non menziona, infatti, la nozione di completamento, ma fa riferimento a interventi quali manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, etc.
Peraltro, non si ravvisa una nozione di completamento né nella Direttiva del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE né nel Regolamento di esecuzione (UE) N. 1042/2013 del Consiglio del 7 ottobre 2013.

Nel documento di prassi, l’AdE ai fini dell’individuazione delle prestazioni rientranti nella nozione di
“completamento di edifici” sostiene che sia ritenuto valido applicare il comma 6 a) ter le classificazioni fornite dai seguenti codici attività ATECO 2007:
43.31.00 Intonacatura e stuccatura;
43.32.01 Posa in opera di casseforti, forzieri, porte blindate;
43.32.02 Posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e
simili.

La posa in opera di “arredi” deve intendersi esclusa dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, in quanto non rientra nella nozione di completamento relativo ad edifici;


43.33.00 Rivestimento di pavimenti e di muri;
43.34.00 Tinteggiatura e posa in opera di vetri;
43.39.01 Attività non specializzate di lavori edili – muratori
(limitatamente alle prestazioni afferenti gli edifici);
43.39.09 Altri lavori di completamento e di finitura degli edifici n.c.a.
“completamento di edifici”.

Dalla citata elencazione emerge che le prestazioni consistenti nel rifacimento della facciata di un edificio possono ritenersi comprese fra i servizi di completamento e, conseguentemente, assoggettate al meccanismo del reverse charge ai sensi dell’articolo 17, sesto comma, lettera a-ter), del DPR n. 633 del
1972.
Si ritiene, invece, che debbano essere escluse dal meccanismo dell’inversione contabile le prestazioni di servizi relative alla preparazione del cantiere di cui al codice ATECO 2007 43.12, in quanto le stesse non sono
riferibili alla fase del completamento, bensì a quella propedeutica della costruzione.


“Si evidenzia, inoltre, che in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge.

Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria.”

In tale ipotesi, pertanto, le singole prestazioni soggette a reverse charge dovranno essere distinte dalle altre prestazioni di servizi ai fini della fatturazione, in quanto soggette in via autonoma al meccanismo dell’inversione contabile.

L’Agenzia delle Entrate stessa fa l’esempio di un contratto che preveda l’installazione di impianti,
unitamente allo svolgimento di altre generiche prestazioni di servizi non rientranti nel meccanismo dell’inversione contabile.

In tal caso, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni oggetto del contratto, distinguendo le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge (nell’esempio, il servizio di installazione di impianti) da quelle assoggettabili ad IVA secondo le regole ordinarie.


Tuttavia, stante la complessità delle tipologie contrattuali riscontrabili nel settore edile, le indicazioni sopra fornite potrebbero risultare di difficile applicazione con riferimento all’ipotesi di un contratto unico di appalto – comprensivo anche di prestazioni soggette a reverse charge ai sensi della lettera a-ter) – avente ad oggetto la costruzione di un edificio ovvero interventi di restauro, di risanamento conservativo e interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.


Pertanto l’Agenzia delle Entrate afferma nella medesima Circolare 14/e del 2015 che :

In una logica di semplificazione, si ritiene che, anche con riferimento alla prestazioni riconducibili alla lettera a-ter), trovino applicazione le regole ordinarie e non il meccanismo del reverse charge.


Così, ad esempio, in presenza di un contratto avente ad oggetto la ristrutturazione di un edificio in cui è prevista anche l’installazione di uno o più impianti, non si dovrà procedere alla scomposizione del contratto, distinguendo l’installazione di impianti dagli interventi, ma si applicherà l’IVA secondo le
modalità ordinarie all’intera fattispecie contrattuale.

In sintesi sembra poter dire che dove il General Contractor commissiona una singola operazione chiaramente rinvenibile nell’art. 17 comma 6 a) ter allora sull’importo della prestazione si applicherà il Reverse Charge, mentre nel caso in cui il G.C. appaltasse a terzi un contratto complesso , sullo stesso potrà applicarsi l’I.V.A. senza rischio di incorrere nelle sanzioni inerenti la non applicazione del Reverse Charge.

Articolo di Fabiana Nesi

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